un romanzo di
COSIMO ANGELICA
MARESCA La magia di una donna libera
“nulla sarà più come prima”
Edizioni : Associazione culturale “ LO SCUDO”
Finito di stampare
in data “ Aprile 2011 “ presso Arti Grafiche Martorina – Contrada
Garzalla , ISPICA (RG)
Note personali di : COSIMO ANGELICA
Cosimo
Angelica nasce il 20 febbraio 1945
a Monterosso Almo, un piccolo comune montano della
provincia di Ragusa.
Vive fin
da piccolo a Ragusa, si laurea a Catania in Giurisprudenza e si abilita all’
esercizio della professione.
Per
moltissimi anni profonde il suo impegno nel sociale ricoprendo cariche
politiche nella Democrazia Cristiana a livello locale, regionale e nazionale.
Opera, successivamente,
anche nel mondo imprenditoriale con cariche rappresentative in Confindustria a livello provinciale e
regionale.
Vive ed
opera a Ragusa dove è felicemente sposato con Miranda.
Si sposa
nel 1972 ed il matrimonio è subito allietato dall’ arrivo del figlio Alessandro
che recentemente, con la moglie Ivana, lo ha fatto diventare nonno di una splendida e prepotente bambina
di nome “ ANITA”
Una breve descrizione
IL ROMANZO parla di una donna straordinaria di
nome MARESCA e del suo incontro magico con un giovane di nome Mirco.
Il romanzo si rivolge a tutte le donne che si
sentono veramente libere e che hanno o credono d’avere la capacità di provare
emozioni e la meravigliosa capacità di stupirsi, per fare scoprire la magia che
esiste in ognuna di loro.
MARESCA non è un libro d’amore, descriverlo tale
sarebbe riduttivo.
Maresca è un romanzo in cui si parla di un forte
sentimento che lega i protagonisti, sviluppandone passo
dopo passo l’evoluzione fin dalla nascita, ma
pone con forza al lettore anche altre tematiche.
Maresca vuole stimolare chi legge a meditare ed
a riflettere per cercare dentro se stesso le riposte possibili ai problemi
evidenziati o porsi razionalmente altri interrogativi. L’autore, spesso,
abbandona il tema o lo sviluppo del racconto in modo più o meno evidente, per
soffermarsi su argomenti che sembrano non appartenere ai fatti in narrativa e
che, invece, ne rappresentano la vera chiave di lettura.
Leggendoli attentamente si arriva alla
conclusione che non sono divagazioni, ma rappresentano momenti di fondamentale
importanza nel confronto con i lettori. Il romanzo coinvolge il lettore e lo fa
vivere dentro il racconto, gli fa sentire le parole, percepire gli odori e lo
fa emozionare assieme ai protagonisti.
L’epilogo, poi, arriva così inaspettato ed
imprevisto, che riesce ad appagare anche le aspettative dei lettori più
esigenti.
Nel retro della copertina del romanzo è riportato, in modo originale
e che colpisce, un messaggio della
protagonista “ MARESCA ” ai lettori … :
MARESCA
desidera dirti che ….
Se
stai leggendo quello che desidero dirti, significa che Mirco ha mantenuto la
promessa e che hai in mano un romanzo in cui si parla di me. Significa anche
che io non ci sono più, ma questo lo sapevo già.
Anche se non leggerò il romanzo personalmente, so che lo farò
tramite i tuoi occhi e le tue emozioni. E’ una sensazione splendida ed
incredibile. Scoprire me stessa nelle parole usate da Mirco e tramite le
sensazioni di mille anime diverse. Splendido è anche poterti parlare come se
fossi lì con te che ascolti con un romanzo in mano. Il tempo è scomparso e si è
ristretto in un favoloso presente dove non esiste il prima o il poi. Tutto ciò
mi è stato regalato per sempre , senza fine. Ti auguro di incontrare anche tu
un essere come Mirco e che sappia donarti quello che ha dato a me, inclusa l’
emozione che stiamo vivendo assieme. Mirco mi ha insegnato tanto ed ogni nuova
scoperta era sempre un nuovo stupore. Sono certa che quello che ora racconta
farà scoprire anche a te quanto di più meraviglioso può esserci in ogni essere
e certamente anche io leggerò di una Maresca che non ho conosciuto
integralmente. A me ha insegnato il potere che c’ è in ogni cosa …. basta
scoprirlo, basta crederci ! Una semplice
piuma che cade su una roccia che sembra indistruttibile, appena si posa
la può fare crollare. Certamente non si verifica sempre, ma per una volta potrà
rappresentare l’ ultima spinta e la roccia si frantumerà.
Nulla è impossibile e quello che desideri può accadere anche a te.
In questo istante sento il tuo calore, leggo i tuoi pensieri e
resterò e parlerò per sempre con te e con chiunque mi leggerà.
Il miracolo si è già verificato ed in questi attimi eterni io ti
ho già parlato e tu mi hai già ascoltata.
Mirco me lo aveva promesso, mi aveva promesso di farmi rivivere
per sempre ed io ho creduto in lui.
Maresca
PREFAZIONE
Si
possono narrare tante storie…
Si possono scrivere molti libri…
Non sempre, però, si trova la chiave per aprire il
cuore di chi legge…
Questo romanzo è un capolavoro perché riesce a farlo,
perché in punta di piedi entra nell’anima e dona ad ognuno un’emozione…
Nessun insegnamento, nessun altro messaggio, se non
quello di vivere intensamente ogni sensazione che la vita offre.
Un inno alla libertà di sentire, di agire, di amare
aldilà di ogni limite o convenzione.
Il vero “potere” è la “magia” di ogni gesto, di
ogni attimo: la felicità è già in noi…
Basta solo esprimere desideri “possibili”…
Basta solo “crederci…”
pamela
Ho
dedicato “MARESCA La magia di una donna libera” ai miei genitori
DEDICA
A
mia madre
A
mio padre
I genitori non si possono
scegliere , così come non si possono scegliere i figli. E’ una verità semplice
ed indiscutibile. Li accettiamo e li amiamo per come sono, con i loro pregi ed
i loro difetti, belli o brutti che siano.
La vita in comune ci permette poi di apprezzarli e giorno dopo giorno di
esaltarne tutti i lati positivi fino a quando i nostri genitori diventano “ i migliori “ anche se non è così . E’
umano , sappiamo di sbagliare, ma è bello che sia così per tutti o quasi tutti.
Alcuni sono meno fortunati. Anche i miei erano “ i migliori “ e non li avrei voluti diversi. Poi incominci a
riflettere e incominci a credere che proprio “i tuoi” siano l’ eccezione alla regola.
Mia Madre era certamente una
eccezione ! , ma lo era anche mio Padre !
Le sue idee , i suoi valori
erano incrollabili. Il suo amore per tutti non aveva limiti. Era generosa, ma inflessibile nella ricerca
del giusto e pronta a pagare qualsiasi
prezzo per le sue idee. Niente riuscì mai a piegarla, solo l’ ingratitudine la
faceva soffrire.
La sua magia aveva mille
volti.
Due carabinieri un giorno
entrarono in una classe di una scuola di
Monterosso Almo e chiesero : chi è Giaquinta Rosa? Io, rispose una ragazzina
con i capelli ricci e neri. Ma che cosa hai combinato? Cosa hai scritto al Duce
? Vieni con noi in caserma… ti aspettano tutti…! La bimba ebbe una paura
indicibile ma non volle piangere.
Era rimasta orfana del
padre, grande invalido di guerra con una medaglia d’ oro al valore. La sua
famiglia era composta da nove figli , di cui sette femmine , più la madre e la
nonna materna. Undici bocche che ogni giorno avevano fame. Non avevano
alcuna forma di sostegno ed i pochi
soldi rimasti dopo la morte del padre erano già quasi finiti. Ogni giorno il
postino passava senza portare l’ agognata pensione del padre e la miseria diventava sempre più insopportabile.
All’ epoca si usava “dare”
le figlie a famiglie più agiate o senza figli. Era come venderle in
cambio della sopravvivenza. La nuova famiglia
cresceva la ragazza in casa come “figliastra”
e la “dotava” quando si sarebbe
sposata. Per le mogli non aveva alcuna importanza se ogni tanto il marito si
toglieva un capriccio… la ragazza era solo una “figliastra” , era niente o meno di niente. Mia nonna non sapeva leggere ma aveva
carattere. Quando sarà, diceva ai sui figli , moriremo tutti, ma tutti nella
stessa casa e dignitosamente. Le mie figlie resteranno sempre con me, non le “darò” mai.
La bimba aveva scritto a Benito Mussolini e gli aveva
rimproverato che le sue erano sole
parole false ed ingannevoli se
permetteva che la famiglia di un grande eroe di guerra morisse di fame o peggio
ancora. Non farò più il saluto fascista e non farò più la guardia al Monumento
dei Caduti in guerra, gli aveva scritto minacciosamente…..
Mentre usciva dalla scuola
tra due altissimi carabinieri non volle piangere e si promise che avrebbe
scritto altre cento lettere, anche se l’ avessero portata in prigione. Non debbo piangere , si disse, io ho ragione e
lui ha torto.
Vinse la sua battaglia ,
imparò a leggere la paura nel viso di chi aveva torto e la sua famiglia ricevette finalmente la
pensione che prima si era “sperduta” nelle tasche di qualche dirigente prefettizio
ragusano. Le promisero anche, per decisione diretta e personale del
Duce, che lei sarebbe stata ospitata presso l’ istituto locale delle
suore Orsoline fino alla maggiore età ed al conseguimento del diploma di “Maestra”. Potete immaginare ! In un
piccolo paese la maestra
rappresentava l’ autorità assieme al prete ed al farmacista. Inizialmente ne fu felice, poi si vergognò
per il suo egoismo e chiese ed ottenne che il beneficio fosse trasferito alle due sorelle più piccole. Avrebbero goduto in
due e più a lungo della provvidenza insperata, lei era … “grande”.
Desiderava studiare più di
ogni cosa al mondo , ma doveva pensare alla sua famiglia . Così fece per tutta
la vita, senza mai tentennare e senza mai correre il pericolo di avere sul viso
l’ espressione di quei funzionari
conosciuti in caserma e che poi andavano
continuamente a trovarla a casa per …
convincerla.
Da parte mia sono contento
di quella sua decisione e che la “Maestra”
in famiglia oggi sia una splendida sorella di mia madre. Se così non fosse
stato io non sarei mai esistito e non avrei alcuna dedica da fare.
Quella bambina con i capelli
ricci e neri… era mia madre !
Ci insegnò sempre dei
concetti semplici, ma indistruttibili. Valori e insegnamenti che non temono il trascorrere del tempo. Nei
momenti di difficoltà diceva sempre : non vi preoccupate perché quello che
basta per uno può bastare per tutti, troveremo sempre una soluzione, l’
importante è che ci vogliamo bene, che siete uniti e che abbiate sempre dei
valori certi a cui riferirvi per tutta la vita. Studiate, ci diceva, nessuno
può sapere cosa gli riserva la vita , ma non dimenticate mai che vi potranno
togliere tutto ma mai quello che avete nella mente. Nel mio paese c’ erano solo
le scuole elementari e lei pretese ed ottenne da un marito consenziente
che ci trasferissimo a Ragusa per
consentirci di studiare.
Se qualcuno del nostro paese
una mattina bussava alla nostra porta , anche se era una sconosciuta con il marito
o il figlio in ospedale e chiedeva aiuto, la sera e per tutto il tempo
necessario si coricava nel mio letto ed io finivo in quello di mio fratello
Giovanni. Dormivo quasi sempre con mio
fratello, ogni volta che accadeva mi arrabbiavo, ma in cambio ho conosciuto
moltissima gente. Ho toccato , così, per mano la violenza della vita fatta di
drammi personali, di ingiustizie e di miseria. La sofferenza altrui mi
fortificò e mi fece apprezzare ogni giorno di più quella donna che ci teneva al
di fuori di quanto accadeva nel mondo esterno, ovattati in un dignitoso anche
se modesto benessere. Amavo molto mia madre , litigavamo ferocemente tutti i
giorni, nessuno voleva cedere, e ci abbracciavamo tutti i giorni in un gioco
senza fine.
Era orgogliosa dei suoi
figli ma non cedeva mai alla tentazione di dimostrarlo troppo in nostra
presenza. Era indulgente sui nostri errori senza coprirli mai o sminuirli.
Li riprendeva,
però, con severità per indurci a
superarli ed a farne tesoro per il futuro. Con ognuno di noi aveva un rapporto
educativo differente e idoneo a fare emergere le nostre migliori qualità senza
farci pesare i nostri limiti.
Non siamo tutti uguali,
diceva sempre, e quello che è eccezionale per uno , può essere mediocre per un’
altro se può fare di più. Insuperbirsi per delle piccole differenze è da
sciocchi e voi non dovete esserlo. Con me era incontentabile e qualsiasi
successo avessi ottenuto o era
insufficiente o era più merito suo che mio. Sempre così per spronarmi a fare di
più, visto che, a suo dire, ero riuscito a raggiungere il risultato senza
alcuno sforzo effettivo. A tre anni avevo imparato a leggere e scrivere… “e allora?” , diceva abbracciandomi e
ridendo, “te ne vuoi vantare?”, “se ci sei riuscito è perché ti ho fatto io
così e ti è venuto troppo facile …”, “vedremo
quando crescerai cosa saprai fare da solo e per merito tuo!” A volte, in
età giovanile, mi arrabbiavo a sentirla parlare così, ma mi passava subito
perché dietro le sue parole scherzose sentivo tutta la sua contentezza. Sempre così.
Quando negli anni a
venire ci scherzavamo sopra , mi ripeteva sempre quel : “non vantarti troppo sono io che ti ho fatto, il merito è mio e solo
mio”, spesso si pentiva ed
aggiungeva “il merito, però, è anche di
tuo padre”. Mio padre sorrideva e si
schermiva sempre sostenendo che l’ unico merito che si attribuiva era quello di
averla sposata , altrimenti con il carattere che aveva sarebbe rimasta zitella.
Lei si arrabbiava e lui si prendeva la scena per cambiare discorso e
raccontarci “conosciutissimi aneddoti” che ci facevano venire le lacrime agli
occhi per le risate a causa delle reazioni irritate di mia madre.
Mio padre era un uomo
mite e buono.
Non aveva grandi doti ,
ma possedeva una bontà d’ animo , una capacità di volere bene, una semplicità ,
una filosofia di vita che anche i grandi pensatori gli avrebbero invidiato. Non
voleva mai soldi addosso. Ma se ti serviranno come farai? … ho tanti amici, non
ti preoccupare. Un giorno mi aveva portato a fare visita alla tomba di mia
nonna, avevo dieci anni ed era la prima volta che visitavo il cimitero di
Monterosso. Finita la visita mi fece vedere diversi mausolei. Mio padre da
giovane amava scolpire come facevano in tanti come “ scalpellino”. Vedi, mi
disse, quei capitelli, quelle colonne doriche, quella madonna, quegli angeli…
li ho fatti io. Erano bellissimi e mi confermò che per fare ogni “lavoro”
c’ era voluto molto tempo. E quanto ti pagavano ?, gli chiesi. Pagarmi ?
e perché dovevano pagarmi ? non solo mi davano “ l’ onore ” di scolpire la loro tomba di famiglia con tutti gli
scalpellini professionisti che c’ erano in giro ed avrei dovuto pure farmi
pagare? Io non facevo quel lavoro , lo eseguivo quando avevo qualche giorno
libero e loro mi aspettavano senza farmi mai fretta. Non lo compresi, ma non dissi nulla. E’
troppo buono mi dissi e… se ne approfittano. Non lo compresi per molti anni ,
poi scoprii la verità nelle parole della
gente e gli volli ancora più bene.
Mi baciava sempre sulla
bocca, i baci sulle guance non sono baci , diceva. Mi prendeva il viso dentro
la sua mano e prima di ogni bacio ripeteva, un bacio al “mio figlio bello” . Era il suo modo di svegliarmi la mattina quando
dovevo partire all’ alba per un esame all’ università o la domenica quando ci
piaceva poltrire a letto e mia madre non poteva attendere i nostri comodi per
sistemare la casa. Non picchiò mai nessuno di noi e mai gli abbiamo mancato di
rispetto o disobbedito quando raramente ci dava un ordine. Io farei così,
diceva sempre, tu fai come vuoi.
Ci riflettevamo, ci
sforzavamo di trovare altre soluzioni ed alla fine non avevamo scelta.
Per mio padre tutte le scuse erano buone per dare
un bacio al suo figlio bello, quel bacio per lui era la più chiara esternazione fisica del suo
affetto ed il premio più alto che ti poteva dare.
Era anche il nostro
premio più ambito.
Grazie per questa splendida presentazione del mio romanzo.
RispondiEliminaCosimo Angelica
Ben fatta ... complimenti. Riassume benissimo gli elementi salienti del romanzo
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