mercoledì 1 maggio 2013

racconto: Chiara Mutti


NON OLTREPASSARE LA LINEA GIALLA



Quattro scatole nere e uno straccio bianco…flash-back di una fotografia rimasta senza tempo; i quattro carrarmati stanno fermi ma danno la sensazione dello spostamento, richiamano altre immagini di guerra, file indiane di carri neri sulle strade di tutto il mondo, città piegate, in ginocchio. Ricordano altre divise, ma uno stesso orrore. Solo lui, ritto in piedi, fermo, con le sue buste dalla spesa in mano, blocca l’immagine. Sembra l’effige del guerriero; l’umile, il piccolo moderno guerriero contro il potere - ma, nella sua gigante umanità, sovrasta.(1) Mi affretto, oltrepasso il tornello, m’imbuto nel limaccioso antro metropolitano, giallo serpente bicolore che si snoda all’infinito. Aspetto, “ma questa dannata metro non arriva” e il video- catturasguardi bofonchia immagini a gogò; miracoli della scienza e della tecnica, elargisce pillole di oroscopo del giorno: due pillole il lavoro, tre la salute, una l’amore. Mi accalco lungo il limite - non oltrepassare la linea gialla – oltre un vuoto spaventoso di rotaia che incute nausea come un videogame teletrasmesso in 3D. Quello straccio bianco, sventolato in tutto il mondo, divenne il simbolo della tragedia di Pechino, ma per me è da sempre il simbolo della disperazione del coraggio. Di quale mondo/confezionato/incartato/abbellito/ci state parlando?(2) Le giornate si ripetono all’unisono nello stesso sforzo. Arriva la metropolitana e sono consapevole che devo entrare ad ogni costo. La folla che spinge e stride, mi si incolla addosso come un ectoplasma; penso “ce la faccio, si ce la faccio”, vengo catapultata in dentro. Ho il viso appiccicato ad un aroma di shampoo e deodorante, qualcosa di molto intimo non mio. Cerco di respirare oltre, oltre l’intimità che i corpi impongono, basta qualche centimetro dell’asta acchiappamani per ristabilire i confini: io qui, voi intorno. Solo due fermate, mi scavo un varco con la forza, spingo, spingo per uscire, la gentilezza qui è un sostantivo particolarmente astratto. Si sopravvive. E’ la primavera dell’89: studenti, intellettuali, operai, madri, figli, figli dei figli manifestano contro la tirannide comunista. Contro la tirannide fascista, contro la tirannide nazista. Contro la tirannia. Un oceano di persone; l’alta marea si riversa nella piazza bianca di Pechino, niente la disperderà, neanche i carri armati che la corte marziale ha sciolto: lupi affamati contro il gregge. La marea sale, il branco consumerà il suo agnello nella piazza. Tienanmen: bianca come il suo gregge, come la camicia davanti ai carrarmati, piazza rossa come il sangue dell’agnello. La storia si ripete, si ripete all’infinito come un disco rotto. Il volto di un ragazzo mi osserva dal giornale, sporco di sangue, le sue mani, il suo volto; disgusto – nausea – disgusto Rubandoci/ anche l’ultimo sogno/ci depredate l’anima Sono sempre stata dalla stessa parte, dall’altra parte ma negli anni ’70, gli anni di piombo che tingevano di rosso le nostre piazze grigie sampietrino, il mio corpo era troppo giovane e la mente troppo confusa. Aleggiavano i ricordi, incubi, altri fantasmi gialli zafferano - intanto corro, guardo le macchine, aspetto, faccio lo slalom; “eccomi alla fermata!”. Tanto l’autobus è talmente pieno che proprio non ci sto, corpi compressi in involucri di metallo grigio “chissà la tirannia che colore avrà, grigio metallo o giallo zafferano?” corpi su corpi. ASPETTO. Sono sempre stata pronta e non mi sono mossa, non mi sono mossa di un centimetro e la storia scorre, avanza, mi sorpassa. nessuna utopia un film d’immagini ricalca: elmetti, tute blu, manganelli, la carica della polizia contro la folla mi svuota il cuore, fumo nero in piazza del Popolo, nell’aria irrespirabile che in autobus mi attende, adesso ne arrivano tre, tutti insieme, tutti stracolmi di vita umana. Ritta sul predellino, come abbarbicata su un carro armato, resisto ma in ufficio arriverò in ritardo “Tanto a loro cosa importa?” L’indifferenza è il mostro, ci strappa dall’anima la rabbia. La strappa coi morsi avvelenati di un serpente, striscia, confonde il fumo nero che s’invola veloce sulla piazza, insieme alle sirene, al rumore dell’elica dell’elicottero che tutto il giorno mi si ripete in testa, pensa a loro, penso come loro: studenti senza futuro, lavoratori senza lavoro, tutti in piazza urlando contro. Ed io dov’ero? Non mi sono mossa di un centimetro. Mi schermisco, con la vecchia battuta che ora sono troppo vecchia per queste cose, il fisico non regge, intanto la storia avanza, mi sorpassa… vedo con i miei occhi/barattare l’orgoglio al potere/piegarsi la dignità cancellare/con la gomma della menzogna/ogni possibile verità, Ho sempre fatto le mie scelte, non mi appago con la scusa che tanto sono tutti uguali, SCELGO, sono rimasta dalla stessa parte. Ma eroi si nasce. Forse scrittori si diventa?! consumo carta, fogli fotografati in bianco e nero - carta da leggere, strappare, appallottolare; aeroplanini in volo, da bruciare FUMO NERO. I corpi sono caldi e stretti, contigui in una promiscuità che in qualsiasi altro posto non potrei assolutamente tollerare. Ho una borsa nera, rigida, infilata in un polpaccio e un gomito che mi preme nella carne, proprio sotto la scapola destra; ma si può trovare ancora spazio: l’isola per un sorriso, la pazienza per chiedere scusa. Ore 8 del mattino: siamo carne, nervi, sangue e stanchezza annullare un passato di lotte/con un colpo di spugna beffarda NO non mi piegherò/non mi piegherò/non mi farò defraudare. Siamo convinti che i diritti si possano cristallizzare, come i surgelati al banco del supermercato sotto casa; mi dispiace, la pace non fa saldi. Avanziamo, perennemente in fila, per raggiungere la stalla, è questo il sentimento che ci aggreggia? Siamo narcotizzati dalla vita. IN PRAETERITUM NON ALITUR, ma allora oggi cosa chiedo, cosa sono? Sono il mio corpo, ritto, fermo, qui e adesso, sorpreso a farsi sorpassare dalla storia. Lo sconto, lo volete? Anzi lo cedo. Preparazione fast food: prendete, alzate, scaraventate bene in alto, oltre la linea - come un sasso, a peso morto. Poi… andate oltre.

Chiara Mutti
note: (1 Il rivoltoso sconosciuto di Piazza Tiananmen, foto di Jeff Widener, Associated Press. (2 Di quale mondo, poesia di Chiara Mutti, inedita. .

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