sabato 1 febbraio 2014

(Esca) Recensione: Massimo Pacetti e Amedeo Morrone

Immagini. Anime nomadi

Le poesi-canzoni di Amedeo Morrone e Massimo Pacetti

di Sarah Panatta


                                          foto di Iolanda La Carrubba
 
Siamo pidocchi su aliti di vento. Viaggiatori inconsci sui solchi del dolore e del rigetto. Pellegrini sulle dune impervie di un'esistenza mai pacifica. Siamo cocci aguzzi di una bottiglia condivisa ai bordi del marciapiede non visto. Siamo coscienze ottuse e valichi nella nebbia. Siamo cristalli spezzati, luci rifratte nel battito di un tempo che non possiamo conoscere fino in fondo.
 
Massimo Pacetti, poeta e scrittore caustico e sottile, debordante e voluttuoso, prolifico come batterio invisibile e tenace. Amedeo Morrone, cantautore imprendibile, morbido eppure mai nostalgico, acuto e mai emulativo, rabbioso ma non invasivo, anzi paziente tessitore di melodie migranti, fuggiasche, romantiche e rock.
 
Presentato in anteprima il 15 dicembre scorso presso il Ruha Action di Alberto Di Giglio, Immagini,  cd di poesi-canzoni, è firmato da Amedeo Morrone (musiche) e Massimo Pacetti (testi).
Da un'idea originale di Iolanda La Carrubba, le poesi-canzoni sono materia sensoriale prensile, porosa, esperimenti per un'interazione tra sillabe, parole, sonorità vocaliche, accordi musicali, per dare spazio all'immaginazione che dilaga rispetto alla sua forma-contenuto, travolgendola e facendone un ibrido ogni volta altro, empatico e pronto, a condivider-si. La poesi-canzone cerca nuove sponde per l'Ego poetico, liberandone la posa estetica lineare nella dimensione liquida e anarchica della musica.
 
L'arrangiamento poliedrico del cantautore Amedeo Morrone guida, nell'incantesimo mai utopico, anzi ironico delle sue partiture, e racconta in Immagini i versi assolutamente congeniali di Massimo Pacetti.

 
Nomadi i ricordi in amplesso dialogico con i versi, urlano, gemono, carezzano, sognano, amano, si muovono, giocano. L’esperienza totale della musica, come ventre materno non possessivo ma fertile, incorona le parole. Se poesia è musica, i versi sanno trasformarsi  in Immagini, in flusso d’emozione sentita, intima, ma generosamente mostrata.
In circolo  si fanno osmotici i simboli dell'acqua, del fuoco, della terra. i toni della pelle di stranieri che si sfiorano e non si ignorano. Gli intrecci pericolosi delle relazioni umane. Gli sguardi evitati o penetrati tra identità solo apparentemente incompatibili. Massimo come Amedeo esplorano l'esistere come transito senza redenzioni, tuttavia resistente, eclettico, avido, acceso.
 
Sono testi e note di luce sullo sfascio della tragedia, sull'impulso crudo della memoria personale, sul ritratto feroce di una società stanca e ipocrita. Sono testi e note che si abbracciano brillanti, che irraggiano il quotidiano, godendo dello spiraglio di sole invernale in ogni gesto del vivere.
 
Colori ancestrali e spazi di riconquista oltre umana. Le poesi-canzone di Amedeo Morrone trovano e sposano con la saggezza della strada attraversata "insieme" le parole di Massimo Pacetti. Nella loro festosa, lacerante, affascinata e seduttiva presenza. Opera palpabile e insieme spirituale, cammino pop, folk, ballata ironica, contro tempo funambolico, corda rock intrisa di swing lento e improvvisamente sincopato, ritmicamente selvatico eppure dolcissimo. Agra meraviglia dell’esistere, le opere in musica di Amedeo Morrone traspongono questa volta le intense poesie di Massimo Pacetti in un viaggio nel contemporaneo che desta e fa danzare, in discordi armonie i cinque sensi e spalanca perennemente le “porte” dell’immaginario, perché restino aperte.

 

La visione musicale del mondo, il mondo musicabile, tra fantasia e realtà oltre lo “specchio”.

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