venerdì 1 marzo 2013

(Esca)Recensione "Upside down"


Upside down, titanico cineduplicato

Il primo lungometraggio di Juan Solanas, glassando Nolan e Scott, riscrive Avatar. Oppure no?
Due punte di neve in un vortice di indaco furente e rapito. Magrittiana impressione. Sospensione bipolare. Doppia gravità per due identità in cerca di compensazione. Un regista sottosopra, argentino in fuga dai natali strappati alla dittatura militare. Immagina un cinema per sole immagini, linguaggio doppio e combinatorio. Intimamente straniero Juan Solanas balocca con la natura bidimensionale di fantasie pittoriche. Flette la contraddizione classista e razzista di un mondo impari, appuntando in alto il Nord-Est della Terra, che prospera su un capitalismo neo-fascista petrolifero e incombe sul Sud sfruttato e degradato. Nel mezzo, una torre che trivella e divide. In mezzo, una bolla di memoria possibile e di diritti dell’anima. Senza spazio, i desideri spezzati di migrazioni, liberazioni, interazioni, scambi.
L’amore ai tempi dell’eco-(in)sostenibilità? Cronaca di una commistione genetica pacifista? Orgogli e pregiudizi dietro una cortina di “materia inversa”? Adamo-Prometeo trova nell’emisfero opposto, avulso e ostile il proprio parossistico inscindibile Paradiso?
Adam (Jim Sturgess) ed Eden (Kirsten Dunst). Lui vive nel dickensiano mondo “di sotto”, avvolto nel catrame, corroso dall’inflazione e dalla sopraffazione. Lei nel mondo “di sopra”, futuribile ed inevitabilmente prospero. Si incontrano fanciulli sulla vette di due montagne gemelle, l’una incombente sull’altra. Imparano ad amarsi, finché non vengono braccati dalle guardie e divisi. Lei perde il ricordo, lui non perde la fiducia in sé, quella tenacia rivoluzionaria del perdente lucido perché (ancora) poco disincantato. Inizia il tango di inquadrature capovolte e di specchi digitali, di alici frenetiche e di cappellai matti nei paesi di meraviglie elitarie. Inizia la quest dell’antieroe che escogita pozioni meta-fisiche per trasgredire alle leggi umane e universali.
Il formicaio sezionato dal satellite, la crosta cartonata di una civiltà ispessita da un progresso ottuso. L’Upside down colossale e mai catastrofico di un regista che sfida se stesso e il mainstream gestito da Cameron e soci, sfiorando il desiderio della molteplicità visiva con una tecnica propria, un artigianato dall’allure vintage e romantico. Adam/Solanas esplora la fantascienza tritando centinaia di topos (la maternità “alienata”, il viaggio proibito, la violazione etnica, il controllo politico delle multinazionali, il compromesso fecond(at)o del matrimonio tra “diversi” etc), trasportandosi da una dimensione all’altra. Ma non cattura nella rete dei suoi sogni né la denuncia solidale dei castelli volanti di Miazaky, né la prospettiva filosofica dell’illusione materica come spettro e insieme piattaforma del vivere nostro, partorita da Nolan (Memento, Inception) e ben prima dal Ridley Scott di Blade Runner. I suoi amanti sospiranti da balconi antitetici stampano figurine di polline sulla superficie glassata e promettente di un labirinto senza uscite, nostalgia prolissa.
Upside down (USA 2013). Regia di Juan Solanas. Con Jim Sturgess, Kirsten Dunst, Timothy Spall, Blu Mankuma, Nicholas Rose, James Kidnie, Vlasta Vrana, Kate Trotter, Holly O’Brien, Elliot Larson, Maurane Arcand. Sceneggiatura Juan Solanas. Effetti speciali Louis Craig. Prodotto da Upside down films, Les film Upside down Inc., Onyx films, Transfilm Intl, Studio 37, Kinologic Fimls(UD), Jouror Production, France 2 Cinema. Durata 107’. In sala dal 28 febbraio
Sarah Panatta

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