martedì 26 novembre 2013

(esca)Poesia: Plinio Perilli


La stella è pianto rosa…


 

                                                         (a Mario La Carrubba:

                                                           nel commosso ricordo futuribile…

di ogni antica sesta vocale sempre

nuova e struggente, luce inebriata)

 

1 –

 

…La stella è pianto rosa… intonava, s’incantò

Rimbaud; ma oggi, Mario, qui Tu Piangi per

tutti i tuoi Colori – come fossero anni, imprese,

gioie o sconforti in mostra allo stesso modo:

tutti da accogliere in questa tavolozza concreta

che è la vita, mentre l’altra ideale la evochiamo

a parole, suffragando ricordi che premono da

dentro! – e uscendo fanno piangere, s’inventano

carezze, ali in pensiero, cromìe come turgori,

appuntamenti d’anima, sfumati fragili e assoluti…

 

 

2 –

 

Mario, romanzi anni, visi troppo lontani eppure

qui presenti – l’Accademia, Manzù, una visita

ad Àrdea, l’estemporanea di voi allievi devoti

ancora alle Belle Arti, alla Dea Pictūra – mentre

Sculptūra troneggiava egualmente assisa, sorrisa

nei ritratti di Inge, nelle pose eternate come retaggi

fuori del tempo, mentre convulso il Tempo impèra…

Era il ’65, nella Città Eterna dialogavano Fellini

e Flaiano, Moravia e la Morante… ma Pasolini già

ammoniva laico il Moderno di non tradire, ferire

le radici in religio, Mamma Roma o il Vangelo

che ci condanna e ci assolve – pentiti di benessere.


3 –

 

S’immola ogni poeta a corteggiare sua la A, la E,

battezzare una I, la O, la U a pantòne del Cielo,

costellazione minima e infinita!, quasi Cuore

del Mondo: lo stesso che è di tutti, pulsa in fondo

all’unìsono… Ma Mario piange perché i colori

cambiano, restano doni uguali solo nella Fabula,

Principato o Regno dell’Arte: mutano anzi sulla

rètina, i tessuti di dentro, che colgono il rimpianto

ed un travaglio ininterrotto di secoli: Esaquadro

ocra, vermiglio, viola, smeraldo, biacca e cobalto!

 

4 –

 

Come li attraversiamo?, se davvero riusciremo,

riuscimmo a far ponte dal vecchio verso il Nuovo,

il tramonto che muore/nasce ogni alba, e surreale

beffa il nero, ruba alla Stella il rosa per uccidere,

obliare la notte, inciderle il ventre col cesareo taglio

che fa nascere, partorire dal buio ogni colore sanguinoso

di bianco, in un cielo che ci urge d’azzurro, scava meglio

nei viola, nei marroni che dal blu elettrico e dal rosso

s’inventano, giurano quasi un intero codice d’Amicizia,

fiero un Trattato sulla Tolleranza, postillato, luminoso

in giallo, e rilegato, scollinato ameno, verde di primavera!|

 


5 –

 

Le stagioni incolori si compensano, obnubilate per

contrafforte d’emozioni, guizzo barocco d’esperienza…

Ora la Sesta Vocale per ciascuno è diversa, mentre

ogni destino sceglie e s’incarna propri i colori, il suo

tono esclusivo, confidato in sereno come un Credo

amoroso, od un messaggio riservato all’amata,

chiosato dall’amanuense che in segreto scrive, ri-

scrive solamente a Dio, dentro codici miniati… Rosso

diventa oro, e il buio argento!, mille notti per pregare

la Luna, chiedere alle frecce di Diana di salvare Eros.

 

 

6 –

 

Lui riesce a dar colore a ogni bacio in passione –

questo cogliemmo da ragazzi, certo senza capirlo

lo sentimmo: ma l’Arte vera è ignota… soprattutto

a se stessa! Musa invocata che seduce, divina l’umano

sino a cieli indicibili, radiosità insondateA nera?

E bianca? I rossa? O blu? U verde? – giochiamo coi colori

per profetare l’anima – la Storia/scimmia va da sé, ma

forse può servire ricondurla in visita al periodo blu, a

un orizzonte rosa, come fece Picasso coi saltimbanchi,

gli arlecchini o i poveri quasi felici, meno tristi se

giunti in riva al mare – il mare da cui perla nasce Amore.

 


7 –

 

Ad Àrdea giunse Enea per rifondare un popolo,

edificare la pace… Forse anche Giacomo, il Manzù,

arrivò qui divinato a restare, a concretare, riplasmare

creta come un poeta il linguaggio, i Cardinali la fede,

Giulia e Mileto l’infanzia, angioletti ridenti d’ogni gioco...

Rotolano sempre e benedetti gli Amanti, stelle infiammate

nude a fecondarsi gli astri, un firmamento dove proprio

la Grande Storia, crocifissa è redenta, e perfino una sedia,

un canestro di frutta ci assapora – e sazia la Redenzione.

 

8 –

 

Prendo la A di Amore come Sesta Vocale, e chiedo all’Arte

d’avvolgere ancora e sempre nel suo bronzeo panneggio

il tremore d’un Cuore che, quando ama, a sua immagine

e somiglianza, scolpisce Quello Stesso di Dio – perde

il modello immenso, prospettico, mentre ritrova Luce,

qui ad Àrdea, come il pio Enea figlio d’umile Anchise

e di Venere sempre troppo bella! Riscopre pura la casa,

l’amore, il modellato, la Storia da seminare, rito di fiori o

vocali cosparse in petali, baci/colori su di una tomba bianca,

soglia d’Eterno e porta trasparente, marmo placato in Arte:

dove d’estate sonnecchiano i gatti, e anche il vento si ferma,

si rammenta giovane,

                                   nel sole/specchio di Ripetta

                                                                                – e piange… 

  

 

                                                        Plinio Perilli


 

(Roma/Ardea, “Museo Manzù”,

27 Ottobre 2013)

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