giovedì 1 agosto 2013

Vacancy: Sarah Panatta


Fiabeschi. “Precariatidi” secondo Pazienza e Mazzotta

Di sarah panatta

Vagabondare (ri)conoscendosi. O riconoscere il mero vagabondaggio. L’uomo sente sempre, presto o tardi, la propria precarietà. Ma spesso non “si” chiede. Né immagina di interrogarsi se essa sia mezzo inevitabile, connaturato, piuttosto che stato sovrastrutturale-da-civilizzazione. O se la meta sia il Sé, se lo scopo sia accalappiare, certificare e poi abbandonare o recuperare le radici e insieme ammettere le volontà multiple e fallimentari del proprio Ego.

Fiabeschi è un laureando senza scadenza e senza sede. A quarant’anni si è posto molte domande. Al di sopra della media dei coetanei titubanti faccendieri della confusione, delle relazioni usa e getta, del cinismo preincartato. Tra una canna e l’altra, nello spazio minuscolo sebbene saturo del ritorno (il paesino natale, budello onirico incastrato nel passato, Cuculicchio), Fiabeschi arriva a sentirsi, con una pienezza diversa, non totale, ma nuova. Si dice, anzi ci dice che “la casa è dentro di noi”. Eppure il concetto ancora (gli) sfugge. Sguardo in primissimo piano che erompe trasversale sulla camera, fuori dalla camera, aspirando, sardonica pulsione brechtiana, direttamente al “noi”. Il noi che guarda, digrigna e carrella oltre.

Ricompare Enrico Fiabeschi, l’alias del giovane mancato/mancante della modernità, figura aquilina e sfuggente, disegnata da Andrea Pazienza e riportata sul grande schermo, dopo il fedele PAZ! dall’interprete, qui anche regista e sceneggiatore, Max Mazzotta. Fiabeschi torna a casa, in uscita il 22 agosto. Mazzotta, vero corpo del racconto, parco di semplici parole, rapisce il flaneur spigoloso, saccente ed esilarante di Pazienza e lo conduce, cinico ma tollerante e malleabile, nel bozzolo immortalato della casa-madre. Avamposto della provincia italiota sonnacchiosa, affogata in un presente senza connotati riconoscibili. Un presente desertificato, si dice, da internet e dalle manie correlate. Il progresso e le sue implicazioni, sociali e tecnologiche, sono immanenti e invisibili, se non per gli effetti indiretti. L’alienazione dell’Ego, non solo dalla piazza. I soggetti sembrano drogati dal regime delle convenienze, appagati da una solidarietà spicciola, galleggianti su traiettorie prescritte. Nessuno osa chieder-si. Fiabeschi svetta. Inciampa, cade, apre e chiude porte. Lui sente quindi chiede. Lui concettualizza, e in fondo spera.

Di poter abitare un mondo precario, che certo, lo sa, non possiederà mai. Abbracciando un amore infatti muto, ma non sordo. Fiabesca ironia, Fiabeschi.


Fiabeschi torna a casa. Regia di Max Mazzotta. Con Max Mazzotta, Lunetta Savino, Ninetto Davoli, Rita Montes, Deniz Ozdogan, Diego Verdegiglio, Alessandro Castriota Scanderberg, Graziella Spadafora, Vittorio Loreto, Ronny Morena, Paolo Calabresi, Giampaolo Morelli. Soggetto Max Mazzotta. Sceneggiatura Max Mazzotta, Giulia Louise Steigerwalt. Musica Max Mazzotta. Direttore fotografia Gianfilippo Corticelli. Montaggio Gino Bartolini. Costumi Mary Montalto. Scenografia Gianluca Salamone. Aiuto regia e casting Nicola Scorza. Distribuzione Whale Pictures. Una produzione 11 marzo film. In collaborazione con Rai Cinema. Con il contributo della Calabria Film Commission per l’audiovisivo. ITA 2013. Durata 90’. Dal 22 agosto nelle sale.

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